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Da gustare in purezza

Ecco tutte le curiosità sulla famosa razza italiana.

SALE E PEPE

I cultori lo confermeranno: la bistecca alla fiorentina è una costata di vitellone bianco dell’Appennino centraledi età compresa tra i 15 e i 18 mesi. Rigorosamente con l’osso, è un taglio con filetto e controfiletto, caratterizzati da un bel colore rosa, con marezzature e grasso bianchi persino dopo i 20 giorni standard di frollatura. Prima di essere cotta alla griglia su carboni ardenti di rovere, deve riposare per almeno 30 minuti a temperatura ambiente e in nessun caso va punta, pena la dispersione dei succhi e una consistenza stopposa. Da consumarsi in purezza, cioè condita solo con sale e pepe. 


METTIAMO I PUNTINI SULLE «I» 

Quante volte si sente chiedere una bistecca alla fiorentina di Angus? Niente di più sbagliato. Esiste una differenza sostanziale tra la tradizione nostrana e quella anglosassone, che ha come chiave di volta nientemeno che lo spessore. Quello dellfiorentina è di almeno cinque centimetri perché, come dicono i toscani, «sotto le quattro dita è carpaccio»; i famigerati T-bone Portehouserispettivamente filetto e controfiletto, si accontentano invece di misure più contenute. È dunque più corretto chiedere un Angus taglio alla fiorentina, semmai un T-bone di Angus. A scanso di equivoci.  


NON PLUS ULTRA 

Ancor più pregiata è la scottonal’esemplare femminile della chianina che, grazie alle dimensioni minorirestituisce una carne estremamente tenera e sapida. Curiose sono le ipotesi sull’origine del nome, entrambe mutuate dal fatto che la scottonaper essere tale, viene mandata al macello senza aver mai partorito. La prima ipotesi fa dunque riferimento allo scorno dell’allevatore, scottato perché costretto a uccidere un esemplare che non aveva sfruttato fino in fondo; la seconda, invece, si basa sull’abitudine popolare a definire calde le carni degli animali in calore, contrapposte a quelle fredde dei capi anziani o castrati.  


L’ACCADEMIA 

L’Accademia della Fiorentina è nata con lo scopo di valorizzare non solo l’arte dei beccai, ovvero dei macellai, ma anche di apprezzare i contorni che meglio valorizzano la bistecca – come i fagioli lessi conditi con olio extravergine delle colline toscane – o i vini capaci di completarne il sapore, come l’insostituibile Chianti. Non fatevi fuorviare dallo stemma, su cui campeggia un caprone: i beccai inizialmente macellavano solo quelli, risparmiando i bovini per il lavoro nei campi.  

Giornalista per per Corebook - L'arte di comunicare, Dottoressa in Lettere Moderne e in Informazione, Editoria e Giornalismo