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Il futuro della ristorazione

La rivista «Forbes» qualche mese fa ha pubblicato un articolo sui più probabili cibi del futuro, posizionando ai primi posti il Jackfruit (Artocarpus heterophyllus), chiamato alternativamente Giaca o Català, ottima fonte di potassio, calcio e ferro che può arrivare a pesare addirittura 30

Parlare di futuro è sempre un azzardo. La percentuale d’errore è davvero alta. Basti pensare a quello delineato dallo scrittore di fantascienza Isaac Asimov che, parlando nel 1983 di come sarebbe stato il 2019, lo descriveva come un tempo in cui l’inquinamento sarebbe stato un problema superato e dove, grazie alla tecnologia, ogni uomo avrebbe vissuto nel lusso godendo di tutte le gioie moderne senza dover subire la fatica del lavoro quotidiano Quindi il presente numero dedicato al futuro della ristorazione si fa carico di questo rischiopreferendo però concentrarsi sullo stimolo che ogni sfida di questo genere rappresenta.  
La rivista «Forbes» qualche mese fa ha pubblicato un articolo sui più probabili e interessanti cibi del futuro, posizionando ai primi posti il Jackfruit(Artocarpusheterophyllus), chiamato alternativamente Giaca o Català, ottima fonte di potassio, calcio e ferro che può arrivare a pesare addirittura 30 chili; ha poi citato le alghe in tutte le loro colorazioni, il Quorn, ossia un composto alimentare costituito da micoproteine; le meduse e – come già noto anche ai non addetti ai lavori  gli insetti 
Forse in un lontano futuro questi saranno i cibi serviti nelle tavole dei più rinomati ristoranti, dove già ora fanno capolino, ma per concentrarsi su un futuro prossimo possiamo pensare alla richiesta di un cibo più naturale e sicuro proveniente da una filiera corta, con marchi che ne attestano tradizionalità, tipicità e qualità. Gli chef saranno sempre più attenti a rivisitare in chiave moderna ed elegante le ricette legate ai territori e alla loro storia, anche quelle i cui ingredienti sono poveri, con il recupero degli avanzi, l’utilizzo del quinto quarto o del pesce di scarto. Sempre più interessanti saranno i menu degli agrichefcapaci di proporre pietanze articolate, ma basate su ingredienti freschissimi e vincolati alla stagionalità. Ancora maggior spazio avranno i cooking show in grado di trasformare la cena in un ristorante in un’esperienza da ricordare.  
I locali peraltro saranno senz’altro sempre più tecnologici: sarà possibile prenotare da smartphone la posizione del tavolo desiderato e richiedere menu personalizzati; infine, sedersi a tavoli smart-touch dove visualizzare il menu e inviare l’ordine direttamente in cucina. Sebbene esistano già esperienze dove i robot sostituiscono il personale di un ristorante – come accade negli store della Nestlè in Giappone, nei quali androidi promuovono le macchine da caffè Nespresso, o quelli di Kunshan (Cina) dove è attivo un piccolo ristorante gestito completamente da robot che si muovono su ruote, o ancora, come lo Spyce di Boston dove le bowl ordinate dal cliente tramite un touch-screen sono preparate da una cucina robotica frutto dellingegno di un gruppo di ricercatori del MIT – personalmente non credo che i robot potranno sostituire completamente camerieri e chef. Non riesco proprio a immaginare – e quindi a ipotizzare – che si possano robotizzare umanità e creatività, ingredienti essenziali per godere di un’esperienza unica ogni volta che scegliamo di andare in un ristorante; a dirla tutta, nemmeno me lo auguro. 

Direttore Responsabile