Ti amo in tutte le lingue del mondo
Pieraccioni che finisce con la faccia nel farro

Il povero Gilberto (Leonardo Pieraccioni) insegnante di educazione fisica in una scuola pubblica, è perseguitato da una sua alunna minorenne, Paolina. La ragazza, innamorata di lui, lo assilla con continui messaggi romantici e sfacciati tentativi di seduzione, suscitando le ire del preside (Francesco Guccini) che minaccia di trasferire Gilberto.
Quest’ultimo è reduce da un divorzio dopo aver scoperto il tradimento della moglie e da allora vive col fratello balbuziente Cateno (Giorgio Panariello), bidello nella stessa scuola e appassionato di nuoto, che, alla faccia della discrezione, si diverte a raccontare ad amici e conoscenti le peripezie sentimentali del parente.
La vita sfortunata del povero insegnante sembra arrivare a una svolta quando, trascinato controvoglia a una festa di scambisti dal collega professor Anselmi (Rocco Papaleo), incontra la bella Margherita, di cui a sua volta si innamora. Tutto sembra volgere al meglio finché, invitato a pranzo da Margherita per conoscerne la figlia, scopre che quest’ultima non è altri che Paolina.
Lo shock gli provoca uno svenimento e finisce con la faccia nel piatto di farro che stava per mangiare… ma i guai non finiscono qui.
Ti amo in tutte le lingue del mondo, settima regia di Leonardo Pieraccioni, è uno dei suoi film più divertenti e riusciti e, anche se racconta più o meno la stessa storia degli altri film del regista-attore toscano, riesce a guadagnare qualche punto con trovate originali e caratteristi in forma. Pieraccioni campa da decenni con la solita formula, magari aggiungendo qualcosa o togliendo qualcos’altro da un film all’altro, insomma aggiustando il tiro, ma in fondo la minestra (di farro) è sempre la stessa. Al pubblico non sembra dispiacere, anzi, tutt’altro, visto che le sue pellicole si guadagnano sempre un posto tra i dieci film più visti delle rispettive stagioni cinematografiche.
Oltretutto, a ben vedere, la sua comicità non è disprezzabile, certo non manca qualche volgarità ma non si arriva mai all’eccesso. Leonardo ha chiaramente studiato dai grandi della commedia all’italiana: da Mario Monicelli (a cui rende omaggio facendolo recitare ne Il Ciclone nella parte di nonno Gino e di cui sentiamo solo la voce) a Dino Risi (di cui cita il capolavoro I Mostri in Fuochi d’artificio) e si vede: punta molto sui caratteristi, più o meno sempre gli stessi (Ceccherini è quasi onnipresente), su dialoghi brillanti e sulla spontaneità delle performances attoriali… tutto sommato non è fuori luogo definirlo un erede (minore?) dei maestri citati.