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InGalera, il ristorante del carcere di Bollate

Offre ai carcerati, regolarmente assunti, la possibilità di riappropriarsi o di apprendere la cultura del lavoro

InGalera è il ristorante del carcere di Bollate (MI) famoso sia per il suo obiettivo sociale sia per l’altra qualità della cucina, che gli ha permesso di essere annoverato in guide gastronomiche prestigiose come Gambero Rosso e Michelin.
Il ristorante nasce nel 2015 per offrire ai carcerati, regolarmente assunti, la possibilità di riappropriarsi o di apprendere la cultura del lavoro attraverso un percorso di formazione professionale e responsabilizzazione: si è visto infatti che la recidiva diminuisce straordinariamente quando il carcere favorisce occasioni di formazione professionale e/o occupazione.
Ma perché proprio l’esperienza del cibo e della ristorazione? «Non c’è lavoro più rigoroso della ristorazione, che ti impone gesti, che ti “costringe” avere anche fare con le persone, ad accoglierle e a trattarle in un certo modo. La ristorazione era – ed è – uno strumento potentissimo», racconta Silvia Polleri, presidentessa di ABC La Sapienza in Tavola, cooperativa sociale alla quale, più di vent’anni fa, l’allora direttrice del carcere Lucia Castellano propose di aprire un catering con un servizio tenuto dai prigionieri.
Quell’esperimento di un anno, compiuto appunto più di un ventennio fa, si tradusse prima in un servizio di catering di successo e poi in un progetto di formazione dei detenuti tenuto attraverso una sede distaccata dell’Istituto alberghiero Paolo Frisi, con l’intento dichiarato di formare i detenuti in previsione della nuova vita dopo la pena.
Ma Silvia Polleri, nel 2014, riceve la proposta della PwC – società di consulenza e revisione legale e fiscale – di aprire insieme un ristorante. Parte la ricerca affannata di una location. Dopo un anno di analisi del territorio, arriva l’illuminazione: perché non aprire il ristorante nel carcere? Massimo Parisi, direttore nel 2015 del carcere di Bollate accetta e il progetto parte con il sostengo di altre realtà come la Fondazione Cariplo, privati e la Fondazione Peppino Vismara.
I detenuti sono seguiti da uno chef e da un maître professionisti, e propongono due menu, uno per il pranzo e uno per la cena. Quello fisso del sabato prevede due opzioni: pesce (con Risotto al nero, moscardini alla luciana e polvere di tarallo; fish and chips di ombrina in porchetta; Bavareisa o bicerin all’amaretto) o carne (Ravioli di zucca con burro nocciola, guanciale e mostarda di mele; Tournados di maialino su torretta di patate, salsa al Cortefranca e pere Williams; Semifreddo ai cachi).
Il menu della cena è quello di punta. La carta è minimal e i piatti vanno dagli antipasti, come La carne nuda in inverno: tartara di blonde d’aquitaine, uovo, acciuga, cappero, senape, worchester sauce, fino ai primi come Pappardelle al ragù di capriolo, Gnocchi di polenta di storo su crema di gorgonzola e ai secondi, come Filetto di manzo alla Voronoff e carote alla parigina.
Un’attenzione particolare è data anche alla carta dei vini, che offre un’ampia proposta di bianchi e rossi di ogni regione d’Italia, con qualche chicca anche fra i rosati.