fbpx

RIVISTA IN PDF    |    INSERTI

Home / L'Esperto Consiglia  / Economia  / Un mare di rum. La bevanda della prima globalizzazione

Un mare di rum. La bevanda della prima globalizzazione

Nascita e diffusione della famosa acquavite

Nelle navi degli europei la canna da zuccherò attraversò l’Atlantico arrivando nel continente americano, ove trovò particolari condizioni ambientali per acclimatarsi e prosperare. Soprattutto nella piovosa e calda regione del mar dei Caraibi, a partire dal XVI secolo, le isole di Cuba, Giamaica, Barbados, le coste del Venezuela e il Brasile subirono un radicale cambiamento ecologico, con la progressiva espansione delle grandi piantagioni della cosiddetta cannamela o canna del miele, per ricordare uno dei nomi con cui si conosceva la pianta grazie alla quale finalmente il mercato europeo poteva essere approvvigionamento da zucchero in quantità ingenti e a basso costo. Con la diffusione dello zucchero di canna, penetrò nei consumi del grande pubblico una nuova bevanda alcoolica: il rum, il ron o il rhum a seconda le aree linguistiche di provenienza.
Le prime attestazioni sulla produzione di rum sono del XV secolo, ma la definitiva consacrazione dell’acquavite derivante dalla fermentazione della melassa della canna da zucchero o del suo succo, è del XVII secolo. Il duro lavoro degli schiavi nelle piantagioni, ma anche la necessità di rifornire i mercati coloniali di una bevanda altamente calorica spinse a perfezionare le tecniche al fine di trarre il massimo vantaggio dall’impiego degli scarti generati dai trapiches o impianti in cui si portava a termine la raffinazione dello zucchero. Perciò il rum si configura come un chiaro esempio di economia circolare che presuppone il recupero e la piena valorizzazione di materie da immettere di nuovo nel sistema economico.
Le Barbados furono le prime a iniziare a distillare il rum su grande scala, menzionato per la prima volta in un documento del 1650. Fino a quel momento veniva chiamato con diversi nomi, come kill devil (ammazza diavolo), rumbullion (da una parola della regione inglese del Devonshire che significa gran tumulto), guildive (una storpiatura francese di kill devil) e tafia (termine africano o indigeno). I britannici iniziarono a importarlo in Europa, dove in poco tempo divenne una bevanda molto popolare. Dall’arcipelago delle Antille, il rum si diffonde velocemente trovando condizioni particolarmente favorevoli anche nelle colonie inglesi dell’America del Nord. Qui l’aumento della popolazione e l’incremento del mercato domestico favorì la nascita di numerose distillerie. Prima che il whisky diventasse la bevanda per eccellenza più identitaria degli Stati Uniti, nel corso del XVII e XVIII secolo, trascinato da un consumo in continua crescita che coinvolse tutti i settori sociali, il rum si colloca tra i beni che in maggior misura rafforzò l’integrazione dei traffici intercontinentali contribuendo a gettare le basi di una globalizzazione degli scambi commerciali sempre più estesa. Anche nel settore delle bevande alcooliche.
Attualmente si trovano in commercio differenti tipi di rum: Blanco o White, White Label o Carta Bianca sono i rum che non vengono invecchiati. Paille, Superior, Gold, Carta de Oro o Gold Label identificano dei rum con un breve affinamento in botte. Poi ci sono quelli Dark o Black Label, più scuri a causa dell’invecchiamento in botti. Alle soglie del XXI secolo, dicono gli esperti del settore, si assiste a un fenomeno di riscoperta con un notevole arricchimento del panorama degli spiriti storici. Il fenomeno è di carattere internazionale come attestano gli eventi e le manifestazioni rivolti a recuperare le sensazioni che ancora trasmette la mitica e leggendaria bevanda dei pirati.

Professore Associato di Storia Economica presso l'Università degli Studi di Perugia