L’animale caro al divino
Da Diana a san Patrizio, in molti lo hanno celebrato
Quello che con molta probabilità identifichiamo con il daino, non solo viene riportato nel Catalogo degli animali puri in Deuteronomio 14,5, al terzo posto – «il cervo, la gazzella, il daino, lo stambecco, l’antilope, il bufalo e il camoscio» – ma compare pure nella lista dei cibi consumati dagli uomini di Salomone, nel Primo Libro dei Re 4,23.
Scorrendo tra le pieghe della storia, nel mondo antico alcuni animali erano sacri alla dea Artemide o Diana e tra questi vi era il daino, creatura sfuggente e incline a un’esistenza appartata e schiva.
Nella villa suburbana dei Pisoni (Cfr articolo in Orizzonte, Chi lo avrebbe mai detto? Antica la storia dei piselli…di Del Frate, numero di Maggio/Giugno 2021), detta dei Papiri, a Ercolano furono ritrovate numerose statue in marmo e bronzo, alcune delle quali oggi esposte al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Tra di esse vi è la celebre ed elegante statua bronzea di daino del I secolo d.C.
In provincia di Rimini, a Mondaino, tutt’oggi il Palio del Daino non è solo una efficace e attenta rievocazione storica – con tanto di cortei storici, disfide, sfilate di giocolieri, spadaccini, menestrelli – ma anche una ricostruzione storica delle arti e dei mestieri del Cinquecento. Mondaino da semplice posta di caccia, venne abitata già in epoca romana, quando fu eretto un tempio dedicato alla dea della caccia Diana. In questa terra, infatti, la selvaggina era abbondante e, più di tutti gli altri animali, si trovavano i daini; l’abbondanza di questi fece identificare l’insediamento di Mondaino con il nome Monte dei Daini, che diventò poi il nome attuale, sebbene tale etimologia non sia da tutti accolta con favore.
Il grido del daino è poi uno degli scritti di san Patrizio, una supplica d’aiuto rivolta al Signore in un momento di marcata difficoltà: inseguito dai nemici pagani, contrari all’evangelizzazione, san Patrizio avrebbe emesso il tipico grido, grazie al quale Dio lo avrebbe trasformato in daino consentendogli di fuggire senza essere notato.
Leggenda oppure aneddoto sulla storia del santo patrono d’Irlanda, il grido del daino si è trasformato in una preghiera tramandata sotto forma di poesia. E ciò benché il linguaggio con il quale i versi sono scritti appare moderno rispetto alla scrittura dell’Apostolo dei Gaeli vissuto a cavallo tra il IV e il V secolo. Di contro, Il grido del daino è una composizione intrisa di temi e figure “patriziane” ed è anche la prima espressione poetica europea in una lingua volgare a opera di un druido cristianizzato. Si percepisce che a scriverla è un uomo di fede comunque cresciuto in una cultura fortemente influenzata da aspetti magici. Il testo evoca una sorta di incantesimo ancestrale in cui il senso strettamente cristiano si colora con le sfumature del suggestivo panorama irlandese. La versione de Il grido del daino è tratta dal libro di Thomas Cahill Come gli irlandesi salvarono la civiltà.
Il componimento attribuito a Patrizio è una forte invocazione rivolta al Padre Celeste, un accorato appello per essere salvato da un pericolo imminente. I versi iniziali, che con la loro cadenzata incidenza si rispecchiano nei seguenti, recitano:
«Io sorgo oggi / grazie a una forza possente, / l’invocazione della Trinità, / alla fede nell’Essere Uno e Trino / alla confessione dell’unità / del Creatore del Creato. / Io sorgo oggi / grazie alla forza della nascita / di Cristo e del suo battesimo, / alla forza della sua crocifissione / e della sua sepoltura, / alla forza della sua resurrezione / e della sua ascesa, / alla forza della sua discesa / per il Giudizio Universale».
Bestiari medievali affermano che il daino, diversamente dal cervo, non teme il suono del corno. Inoltre, il daino – come la capra selvatica, il cervo e il capriolo – quando si sente debole cerca l’erba chiamata dittamo (origano antico dell’isola di Creta), il cui semplice contatto basta a guarirlo.