La perfezione di un difetto: la mia fotografia di still-life
Genere editoriale e genere fotografico
Una fotografia è un oggetto, non c’è alcun dubbio. Spesso la possiamo toccare, come stampa d’autore o sulla pagina di un magazine, ma in fondo anche quando appare sul display luminoso del pc o dello smartphone è un oggetto e si concretizza in un oggetto. Può essere solo così.
Ma dentro la fotografia vediamo sempre qualcosa: non sulla sua superficie, ma proprio dentro. Non riusciremo facilmente a liberarci dalla convinzione che una fotografia non sia una cosa piana, ma una scatola tridimensionale dentro cui intrufoliamo lo sguardo. Addirittura, nella sua estensione spaziale, potremmo perfino infilare la mano o entrare con tutto il corpo.
Lo still-life, come genere fotografico, gioca sapientemente su questa forte sensazione di profondità, dove l’immagine si offre davvero come contenuto. L’oggetto è lì dentro, tattile e mobile, anche se la fotografia è una superficie ed è fissa.
Gli still-life, come genere editoriale, hanno una funzione di illustrazione evocativa. Quando non sono esplicitamente destinati alla pubblicità tabellare, servono come rappresentazione visuale di quegli articoli che, nei giornali, raccontano fenomeni e tendenze. Paradossalmente sono un territorio di ampia libertà creativa per il fotografo.
Capita il più delle volte che gli uffici marketing si presentino al professionista con in mano l’articolo del caso dicendo: «Ecco, questo è il prodotto, cosa pensa di farne?».
Hanno paura più di quello che non vorrebbero che di quello che realmente gli servirebbe. Questo episodio mi è capitato con un cliente: gli dissi che avrei preso a martellate e quindi frantumato, il loro prezioso flacone di design. Qualcuno dell’ufficio dotato di perspicacia diede il permesso e le foto delle boccette rotte si fecero.
Ma il vetro taglia, le schegge sono la cosa che vorresti tenere più lontana possibile dalla pelle, come può associarsi questa impressione a un profumo? È la sensazione corporale ambigua, di repulsione e desiderio assieme. Una boccetta di profumo rotta sprigiona un’aggressione olfattiva violenta, e i frammenti di vetro ne sono la metafora.
In questi casi si va alla ricerca di sensazioni “multisensoriali” che provocano, attraverso la loro costruzione, destabilizzazione e incongruità. Potrei dire che il fotografo, nell’esecuzione del suo lavoro, progetta accuratamente la contraddizione e organizza lo sbagliato.
La bellezza è sempre un punto di equilibrio di imperfezioni. Un aforisma dice: «Per essere perfetta le mancava solo un difetto». Possiamo chiederci, a questo punto, quale sia l’imperfezione perfetta ma il problema è che la risposta perfetta non esiste. Abbiamo solo delle risposte imperfette e quindi giuste. Il segreto potrebbe essere svelato dalla prossima fotografia, quella ancora da fare.
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