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L’interazione umana come vantaggio competitivo

Non basta la qualità del cibo, serve anche il rapporto umano

Esiste una componente dell’accoglienza legata a fattori materiali, come gli ambienti, il design, la mise en place, il comfort, la musica, la temperatura della sala. Tutto ciò concorre a predisporre l’ospite in modo positivo verso l’esperienza che si appresta a sperimentare, ma non basta. L’aspetto cruciale, che diventa vantaggio competitivo e differenzia i ristoranti, è quello legato all’interazione umana.
Se tanti ristoranti del globo possono vantare arredamenti da sogno o un design modaiolo, gli indirizzi gastronomici conosciuti per la loro grande accoglienza non sono poi così tanti. Forse perché la componente umana della sala non è stata ancora completamente rivalutata, ma per capirne l’importanza basta un banale – e stuzzicante – esperimento: un giro sui maggiori siti di recensioni di ristoranti ci rivelerà quante di esse, negative, riguardano esclusivamente la componente cibo e quante invece la sala, il servizio, l’esperienza, l’attitudine del cameriere o la scortesia del proprietario.
La vera accoglienza non si riduce all’uso delle buone maniere. Si presuppone che chi svolga il proprio mestiere in una struttura ricettiva, qualunque sia la mansione, sia naturalmente incline al bon ton e all’educazione. Tuttavia, il concetto stesso di interazione umana implica l’instaurazione di un rapporto, per quanto professionale, breve e basato su prime impressioni, tra cliente e cameriere. Il bravo professionista di sala riuscirà a creare con ogni cliente un legame formale ma non superficiale, a essere premuroso ma non cerimonioso, costituendo un valido interlocutore in ogni momento dell’esperienza. L’abilità sta nell’individuare ogni volta la linea sottile che definisce i ruoli, senza travalicarla, per non invadere lo spazio di benessere del cliente e per contenere eventuali eccessi anche da parte dello stesso, che rischierebbero di influire sul clima generale della sala.
Per contro, quando manca l’interazione reciproca si verificano due situazioni opposte in cui la comunicazione risulta unilaterale e monotona: o il cliente si limita a chiedere ciò di cui ha bisogno oppure il cameriere si esibisce in monologhi su piatti, vini e argomenti a piacere. Il risultato è il servizio freddo di cui spesso si sente parlare: tecnicamente impeccabile ma senza la scintilla che fa restare impressa una serata per sempre.
È pur vero che nonostante il cameriere sia l’avanguardia aziendale dell’accoglienza, questa deve poggiare su una cultura d’impresa che consideri il cliente come proprio perno centrale e in cui i principi organizzativi e l’orientamento strategico debbano essere rivolti alla sua soddisfazione.
Come? Semplice: l’azienda ristorativa deve essere la prima a porre il professionista di sala (suo dipendente) a proprio agio, come se fosse a casa propria. In questo modo, sentendosi a casa egli stesso, si comporterà naturalmente come un vero anfitrione, trasmettendo il suo benessere anche agli ospiti.

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Responsabile di Sala e Sommelier de "La Trota 1963"