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L’orrore nella normalità

L'Esorcista e la scena cult con i piselli

Decidere quale film recensire stavolta è stato particolarmente arduo. Le alternative erano: Piso Pisello, pellicola italiana del 1981 piuttosto bruttina e il cui unico riferimento al legume protagonista di questo numero è il titolo, e La Principessa sul Pisello, film d’animazione del 2002, noioso e abbastanza insignificante.
Fortunatamente è arrivata l’illuminazione. Già, perché L’Esorcista, classe 1973, film horror tratto da un romanzo di William Peter Blatty basato su un fatto realmente accaduto, ottenne un clamoroso successo di pubblico. Tutti ne hanno almeno sentito parlare, a meno di non essere vissuti su Marte negli ultimi cinquant’anni.
Il film contiene una delle scene più iconiche del cinema horror, e non solo: quella in cui Regan (Linda Blair), sfortunata ragazzina posseduta dal demone babilonese Pazuzu (e non dal Diavolo, come molti credono) vomita una sostanza verde addosso al povero padre Karras (Jason Miller): quella sostanza era, nella realtà, una banale zuppa di piselli, ma la scena ci offre una magnifica evidenza di come il cinema riesca a spiazzarci, a terrorizzarci, a farci letteralmente saltare sulla poltrona, pur nella sua finzione. Merito del regista William Friedkin, che realizzò un capolavoro dando origine al filone esorcistico e portò il genere horror a vette artistiche fino ad allora ineguagliate, a parte forse un’unica eccezione, Rosemary’s Baby, horror raffinatissimo del maestro Roman Polanski (ci sarebbe anche Psycho, ma appartiene piuttosto al genere thriller); e proprio da Rosemary’s Baby, girato appena cinque anni prima, Friedkin prese spunto, proseguendo con l’idea di portare l’orrore nella vita di tutti i giorni.
La prima parte, dopo l’antefatto in Iraq e prima della possessione, è non a caso dedicata a mostrarci la normalità quotidiana dei protagonisti ed è giocata sul crescendo di indizi premonitori dell’imminente tragedia. Ed è proprio lo scarto tra la normalità della prima e l’orrore della seconda parte a rendere il film così inquietante ancora oggi. Merito del regista, si diceva, uno dei più significativi della New Hollywood: è lo stesso de Il braccio violento della legge, poliziesco del 1971 che sovvertì le regole del genere innovandolo profondamente e portandosi a casa 5 statuette alla cerimonia degli Oscar, tra cui quella per il miglior film; ma merito anche delle impeccabili prove attoriali, tra le quali spicca quella del leggendario Max Von Sydow, attore svedese prediletto da Ingmar Bergman, che interpreta proprio l’esorcista del film omonimo.