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Il capriolo, una storia di montagna

Ogni taglio di carne predilige una ricetta diversa

Storie di montagna, storie di caccia e di sussistenza. Il capriolo viene da lì, da boschi aperti con fitto sottobosco, inframmezzati da radure e zone cespugliose dove rifugiarsi. Un ungulato di piccole dimensioni che si nutre di erbe, corteccia, foglie, germogli e conifere, e il cui periodo degli amori prevede un corteggiamento costituito da una serie di inseguimenti della femmina da parte del maschio.
Animali miti e gentili, prede ricercate, ma grazie al senso dell’udito e dell’odorato molto sviluppati, al minimo segnale d’allarme corrono e saltano veloci per mettersi in salvo. E si ode l’abbaio, lo scrocchio, un suono cupo e ritmato utilizzato come segnale di territorialità o di paura.
La carne del capriolo proviene direttamente dalla natura, un punto a favore sia per la qualità, sia per il gusto intenso. Di colore rosso a fibra corta e sugosa, saporita e aromatica, è ricca di preziose sostanze nutritive. Fresca è disponibile solo in determinati periodi di caccia e si mantiene pochi giorni; andrebbe quindi consumata in fretta, mentre quella congelata è in commercio tutto l’anno. La si può grigliare, arrostire, affumicare oppure preparare in gustosi intingoli. Ogni taglio di carne predilige una ricetta diversa: il filetto, la sella, la coscia o la spalla richiedono tempi di cottura e preparazioni differenti, utilizzando sempre comunque condimenti a base di erbe aromatiche, come alloro, ginepro, timo. La cottura a bassa temperatura, di fatto, è la tecnica più amata per preparare tutta la selvaggina e la carne diventa in questo modo particolarmente tenera. Come salsa di accompagnamento si utilizza spesso del vino rosso unito a bacche di mirtillo. Oppure, per esaltarne il gusto, la si può anche farcire o avvolgere con del prosciutto o con dello speck.
Altra ricetta tradizionale è il capriolo in salmì con polenta di grano saraceno. Preparazione tipica della cucina di montagna e dei rifugi ad alta quota, prevede una lunga marinatura e cottura della carne con aromi e vino rosso, mentre la polenta dona una nota rustica e corposa al piatto. Da provare anche un ragù di capriolo con mirtilli rossi e castagne o un fegato di capriolo in burro e cubetti di mela. Esiste anche il salame al capriolo, gusto delicato, più dolce e raffinato dei salami di cervo e camoscio. E se anche oggi nel piatto ordiniamo carne di capriolo non è solo per una curiosità gustativa, ma forse anche per vivere la montagna dal di dentro, nella sua storia fatta di isolamento e infinita natura, nelle sue tradizioni, nei suoi sapori.

Antropologa, Scrittrice, Giornalista, Critico Enogastronomico, Blogger