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Cento anni dalla morte di Proust

Lo scrittore francese è morto a Parigi il 18 novembre 1922

«Stavo scattando foto alle opere di pietra quando avvertii l’odore. Odore che sarei tentata di chiamare profumo. Sì, il profumo della castagna calda. Quello che, oltre a procurare piacere nell’odorarlo, apre istantaneamente la porta dei ricordi. Quelli legati all’arrivo dell’inverno, alle passeggiate con la mamma o la nonna, al grido del castagnaio che le vende per strada Chaudes! Chaudes les châtaignes!, alle mani sporcate dalla buccia e dal giornale arrotolato a forma di cono che fa da contenitore, al caldo che – ad un tratto – s’impadronisce del corpo. Poi ancora, mentre ci si allontana, al profumo che ti accompagna come se galleggiasse sulle onde del maestrale pungente che tira da Nord». (Claudine Magnaldi, Il profumo e la forma delle madeleines ispirano alla fotografa ricordi legati alle castagne).
Valentin Louis Georges Eugène Marcel Proust è nato a Parigi il 10 luglio 1871 e lì è morto il 18 novembre 1922. Suo padre Adrien era un medico epidemiologo e igienista conosciuto a livello internazionale, a cui è stata conferita la Legione d’Onore per aver salvato la Francia dal colera e dalla peste bubbonica. A queste epidemie ha dedicato diversi libri sostenendo l’importanza della distanza sociale, della quarantena e del «confinamento sistematico». Parole, purtroppo, divenute familiari negli ultimi tempi. La moglie Jeanne Weil, più giovane del marito di 15 anni, era una donna intelligente e colta. Proveniva da una famiglia borghese benestante e intellettuale: ha esercitato su Marcel una grande influenza, favorendone l’interesse per lo studio, la lettura, l’arte e la musica. Marcel si è laureto in Lettere nel 1895 alla Sorbona e ha frequentato gli ambienti della Belle Époque parigina. Amava essere presente nei salotti, partecipare a ricevimenti e assaporare un’atmosfera di spensieratezza e benessere che farà da sfondo al romanzo À la recherche du temps perdu, noto come La Recherche, pubblicato in sette volumi tra il 1913 e il 1927, gli ultimi tre dopo la sua morte. Per la sua lunghezza, il romanzo è entrato nel Guinness dei Primati. La sua pubblicazione ha avuto un iter lungo e complesso, in quanto venne rifiutato da due case editrici tra cui la Gallimard, fondata tra gli altri da Andrè Gide, che però se ne pentì amaramente. Scrisse infatti a Proust una lettera disperata: «Da qualche giorno non lascio più il vostro libro; me ne sazio con diletto, mi ci sprofondo. Ahimè, perché deve essermi così doloroso amarla tanto? Aver rifiutato questo libro rimarrà il più grave errore della Nouvelle Revue Francais poiché ho la vergogna di esserne in gran parte responsabile, uno dei rimpianti, dei rimorsi più cocenti della mia vita».
Il filo conduttore del romanzo è la memoria di un’epoca, con l’intento di far immergere il lettore nella atmosfera della società bohémienne. Una descrizione minuziosa dello stile di vita dell’aristocrazia, della borghesia e delle classi sociali meno abbienti. Un ritratto malinconico in cui si intrecciano ricordi, esperienze dell’autore e curiosità, un viaggio emozionante.
Lo storico inglese Richard Davenport-Hine ha scritto un libro dal titolo Una notte al Majestic, dove viene descritto un importante evento. II 18 maggio 1922 Sydney e Violet Schiff, una coppia di ricchissimi inglesi appassionati di arte, organizzarono presso l’Hotel Majestic di Parigi una cena che vedeva riuniti allo stesso tavolo il direttore dei Balletti Russi Serge Diaghilev, il compositore Igor Stravinsky – di cui era andata in scena la prima del balletto burlesco – ma soprattutto Pablo Picasso, James Joyce e Marcel Proust. Quest’ultimo, nonostante la salute cagionevole – soffriva infatti di asma fin dalla infanzia – ci teneva moltissimo a essere presente. Era nel pieno del suo successo come scrittore e fece un ingresso trionfale; inoltre, il menu della serata era ispirato alla Recherche: crostini al formaggio, uova impanate, coscia di montone e pollo. Si concluse con il budino di castagne insaporito al kirsch, per celebrare una serata memorabile.

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