fbpx

RIVISTA IN PDF    |    INSERTI

Home / Erbe perdute  / La Ruchetta violetta, sentinella di biodiversità

La Ruchetta violetta, sentinella di biodiversità

Alla scoperta di una pianta davvero particolare

È possibile trovare la Ruchetta violetta o Rapastella Bianca (Diplotaxis erucoides, L.) tutto l’anno, tra le cerealicole, nei vigneti e negli incolti, fino ad altezze di circa 900 m s.l.m. La rucola che troviamo nei ristoranti e nei supermercati è l’Eruca sativa e appartiene – come la Rapastella bianca – alla famiglia delle Brassicaceae.
Le nostre Brassicaceae spontanee – tra le più conosciute: Casselle (Bunias erucago), Ruchetta selvatica (Diplotaxis tenuifolia), Calepina (Calepina irregularis), Borsa del pastore (Capsella bursa-pastoris) – sono i capostipiti dei cavoli coltivati.
Quando le Brassicaceae sono soggette a un’azione meccanica come l’aggressione da parte di bruchi, cottura e così via, si percepisce un pungente odore solforato. Madre natura infatti le ha dotate di un sistema di protezione che agisce facendo uscire dai vacuoli i glicosinolati, che degradati dall’enzima mirosinasi, generano quattro sostanze: indoli, nitrili, tiocianati, isotiocianati. Questi ultimi presentano quell’odore pungente di zolfo che gli serve come protezione.
Evidenze scientifiche hanno dimostrato che queste sostanze solforose hanno proprietà antitumorali sul tratto digestivo, perciò una dieta ricca di queste sostanze è considerata con favore dai nutrizionisti. Ed è anche un segno del fatto che ancora molte cose restano da chiarire circa i meccanismi d’azione delle sostanze vegetali, e che l’uso di integratori alimentari non sempre è equivalente a quello di un alimento completo con il suo fitocomplesso, cioè principi attivi, sali minerali e vitamine.
I composti solforati causano l’aroma pungente anche dell’aglio e della cipolla: essi sono assimilati dalle piante, sotto forma di solfati, solo dal suolo. Assimilano sia i solfati derivati da sostanza organica sia quelli minerali come il gesso, che è il solfato di calcio (CaSO4), o lo zolfo derivante da piogge acide, rappresentando quindi non solo un nodo importante nel ciclo dello zolfo, ma anche una via di ingresso di questo elemento nei cicli vitali. Dalla sua condizione minerale (forma ossidata) le piante lo rendono, attraverso le vie metaboliche, assimilabile anche da altri esseri viventi animali; lo zolfo tornerà alla forma ossidata dopo la decomposizione a opera dei microorganismi del suolo. Lo zolfo è anche presente nella composizione di 3 dei 20 amminoacidi essenziali e di molte altre molecole essenziali.
Questa è la conferma che tutti gli esseri viventi – quindi anche noi Sapiens sapiens – fanno parte di quella rete che è la biodiversità, cioè l’insieme delle relazioni che legano tutti gli esseri viventi.
In ogni caso, già gli antichi decantavano le proprietà della Ruchetta violetta: Dioscoride ne parlava come rimedio alla scarsa virilità e come stimolo al richiamo di Venere, dando il via all’invenzione di tutta una serie di rimedi capaci di risvegliare i sensi anche nell’anzianità. Il latino Columella, nel suo trattato agronomico, affermava: «perché i pigri mariti desti a Venere la rucola»; proprio per le vantate virtù afrodisiache, nel Medioevo, la rucola non poteva essere coltivata negli orti dei conventi. La pianta è considerata depurativa, diuretica, digestiva, stimolante e tonica, ma trova impiego anche come espettorante (succo della pianta fresco o alcolaturo).
E in cucina? Già alla fine del I secolo, sempre Columella, nel suo trattato De Re Rustica, menzionava le foglie di questa pianta conservate in aceto come condimento. Oggi viene consumata anche ripassata in padella con olio, aglio e peperoncino e a piacimento pomodoro. Da provare la frittata con 10 foglie di ruchetta violetta per ogni uovo, con aggiunta di parmigiano, sale e qualche fiore bianco di Ruchetta con riflessi violetti.

 

www.accademiaerbecampagnole.eu

Presidente Accademia Piante Spontanee