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Cibo Selvaggio, quando il cibo ancestrale diventa un futuro sostenibile

Un nuovo format per apprezzare la cacciagione

Cibo Selvaggio è un format ideato da Andrea Castellani (patron di Caccia Village) e Chiara Comparozzi (esperta in comunicazione enogastronomica), il cui obiettivo è quello di sdoganare la cacciagione da pregiudizi, cercando invece di creare maggiore consapevolezza intorno alle filiere di carne selvatica con una parola chiave fondamentale: rispetto. Per l’animale, per l’ambiente e per la cultura gastronomica più identitaria di un territorio.
Parte così l’idea di dare vita ad una rubrica fissa, in cui raccontare la cacciagione, troppo spesso relegata a cucina arcaica del passato, utilizzando un linguaggio moderno e rendendola più contemporanea e vicina alla cucina di oggi.
Andremo a far vedere in che modo la cacciagione, grazie a una nuova generazione di chef e tecniche innovative, può essere proposta in maniera nuova e può entrare facilmente nella dieta alimentare di tutti, apportando benefici nutrizionali di altissima importanza. Cibo Selvaggio sarà una rubrica che parlerà di rispetto e di natura per portare in tavola proteine nobili, sane, gustose e prive di grassi.
Le ricette presentate saranno a cura dello chef Stefano Marinucci, che ha fatto del gusto sostenibile e selvaggio uno dei suoi fondamenti in cucina. Con lui scopriremo i segreti, i pregi e le difficoltà nell’utilizzo della carne selvatica e parleremo di tagli, di cotture e di marinature più appropriate per portare in tavola piatti di cacciagione che sapranno conquistare vari target di consumatori.
Ma cosa significa Cibo Selvaggio? Lo abbiamo chiesto a tre chef ambassador del progetto che, nei loro ristoranti, praticano una filosofia di cucina che guarda alla sostenibilità e al gusto originale della materia prima.
Lucio Pompili, lo chef cacciatore per antonomasia, parla di cibo originale, di cibo della natura, sia esso vegetale come funghi, tuberi, radici o erbe spontanee, o animale come la carne o il pesce. Parla anche di cacciare il cibo, inteso come andarlo a cercare e prelevarlo, senza allevarlo o coltivarlo. E procurarsi il cibo in base al proprio fabbisogno, senza scorte eccessive destinate molto spesso allo spreco, è sicuramente un modo etico e sostenibile di sostentamento. Il suo petto d’oca selvatica, cremoso di broccoletti, acqua di ciliegie e insalatina di campo con raperonzoli e pimpinella è tra i piatti più espressivi del suo concetto di cibo selvaggio.

 

Cucina selvaggia, per l’umbro Paolo Trippini, è invece cucina del bosco. Abituato a raccogliere dai boschi sopra il lago di Corbara i pregiati frutti che la natura offre e ai quali ha dedicato uno dei piatti che segna la cifra del suo stile, Bosco Umbro, lo chef da sempre promuove l’utilizzo della carne selvatica, abbinandola agli elementi dell’habitat da cui proviene. Ecco quindi che le bacche, i germogli le gemme degli arbusti, le erbe, i funghi e certi tipi di frutta di cui daini e caprioli si cibano, diventano parte integrante dei piatti di cacciagione dello chef Trippini, per una cucina che sprigiona in modo circolare tutta l’essenza della natura. Il raviolo di capriolo, accompagnato da aceto di fichi e aglio di vigna – un aglio selvatico perenne, che lo chef Trippini raccoglie nei vigneti intorno Civitella del Lago – è sicuramente uno dei piatti che punta a far emergere l’identità selvaggia del suo territorio
Giulio Gigli chef patron di UNE, si fa infine portavoce di un messaggio ben preciso: le tradizioni come via per il progresso e la cucina selvaggia come il passato che diventa futuro. Essere uno chef oggi è un atto culturale in cui intervengono i valori del rispetto della materia prima e la responsabilità di essere custodi di una cultura gastronomica che tocca a noi raccontare. Poche sofisticazioni, soprattutto quando parliamo di filiere cortissime che arrivano dai territori circostanti, ed esaltazione del tratto identitario del cibo che mangiamo. Tra i suoi piatti selvaggi il kebab di cinghiale, emulsione di yogurt, farinello e melanzane bruciate in conserva, per uno sguardo deciso sulla contemporaneità.