Sappiamo che l’oca fu uno dei primi animali a essere addomesticato perché un egittologo italiano, Luigi Vassalli, nel 1871 scoprì un fregio conosciuto come le Oche di Meïdoum: si tratta di una rappresentazione piuttosto dettagliata, risalente al 2.575-2.551 a.C., di alcune oche che vengono catturate per mezzo di una rete.
Dopo un salto in avanti di qualche secolo, le ritroviamo alla guida del carro di Afrodite: questi volatili candidi e dal lungo collo, che potrebbero essere verosimilmente anche dei cigni, ne suggeriscono il ruolo di dea della primavera o stella del mattino.
Presso i Galli la dea Belisama, associata al focolare domestico e alla forgiatura del metallo e del vetro, si sposta a cavallo di un’oca. Per i Romani, invece, il volatile è associato al culto di Minerva e all’episodio delle oche guardiane del Campidoglio, raccontato da Tito Livio.
Per gli Amerindi, l’oca è uno degli spiriti totem della ruota della vita, mentre in Cina è considerata come un principio yang, forza attiva e maschile dell’universo che illumina la natura. In Corea è simbolo di matrimonio: gli sposi donano alle suocere un’oca di legno per testimoniare la loro fedeltà.
Nel Medioevo la situazione cambia: la zampa dell’oca serve a identificare i malati di lebbra, che devono portarla appesa al collo. La letteratura occitana narra di una regina visigota, presente nella zona di Tolosa, che veniva chiamata Pédauque, da pé d’auca, piede d’oca. Secondo alcuni storici sarebbe stata appunto malata di lebbra, malattia che causa delle alterazioni cutanee riconducibili alla pelle delle zampe delle oche; per altri, invece, il riferimento stava a indicare una zoppia, come accade in alcune statue di sante sparse nel Paese in cui uno dei piedi è sostituito da quello palmato del volatile.
La figura misteriosa di Pédauque è stata legata anche a quella di Berta la filatrice, detta anche Berta piede d’oca, spesso rappresentata mentre tesse degli incredibili orditi per intrappolare i bambini. Ecco quindi che la figura di questa nobildonna, solitamente legata al tema dell’acqua e che alcuni hanno identificare persino con Bertrada di Laon, madre di Carlo Magno, assume delle connotazioni sempre più cupe.
È curioso che tutte queste donne in qualche modo collegate all’oca abbiano tratti tanto diversi. Basti pensare a Mamma Oca, oca antropomorfizzata che racconta fiabe e filastrocche ai bambini. I primi riferimenti a questa figura archetipica compaiono nel 1660, ma è stato il romanziere Charles Perrault a consacrarla, nel 1695, ne I Racconti di Mamma Oca, in cui i compaiono le note storie de La bella addormentata, Cappuccetto Rosso e de Il gatto con gli stivali.
Persino il compositore Maurice Ravel scrisse un’opera intitolata Ma Mère l’oye, una suite per pianoforte da cui fu in seguito tratto un balletto.
Per giungere a tempi più recenti, Mother Goose è il titolo di un brano di Aqualung, album del 1971 firmato dal gruppo rock progressive Jethro Tull.