fbpx

RIVISTA IN PDF    |    INSERTI

Home / Erbe perdute  / L’aglio degli innamorati: dal porro selvatico all’aglione

L’aglio degli innamorati: dal porro selvatico all’aglione

Storia dei due prodotti tipici tra Umbria e Toscana

Dell’aglione (Allium ampeloprasum L. var. holmense) è stato evidenziato l’uso a partire dall’800. Il territorio di inizio è la Valdichiana, nelle province di Arezzo e Siena. Sappiamo che il genere Allium è originario dell’Asia minore, ma il territorio dove si presenta con maggiore biodiversità è il bacino del Mediterraneo. Prima gli Egizi, poi i Greci, i Romani e gli Etruschi usavano raccogliere e utilizzare il porro selvatico (Allium ampeloprasum L.) per i minestroni e come insaporitore di carni e sughi. Successivamente lo domesticarono coltivandolo. Nelle zone che vanno dalla Valdichiana al Trasimeno è presente il progenitore selvatico, l’Allium ampeloprasum L., chiamato volgarmente porraccio, porrancio, porrandello e riconoscibile facilmente dal suo fiore, a conferma dell’adattamento della specie in questo territorio. La varietà holmense Mill. è conosciuta anche come aglione, elephant garlic o big tex garlic, perché forma un bulbo molto più grande dell’aglio comune (Allium sativum L.), che si adatta a terreni eterogenei, ricchi e sciolti. Da sottolineare che l’aglione con il comune aglio ha ben poco a che fare, in quanto è in realtà una modificazione genetica del porro selvatico, da cui eredita un aroma decisamente più delicato e dolce, insieme a una migliore digeribilità e la predilezione per abbinamenti simili. Inganna il nome, inganna la forma del bulbo – che assomiglia fortemente a un aglio gigante – ma il suo sapore, la sua coltivazione, la sua struttura e la sua raccolta sono quelle del comune porro. In Umbria, vista l’assenza di evidenze documentali, storiche, archivistiche o catastali, per identificare date e periodi della sua diffusione si fa riferimento a testimonianze verbali sulla sua coltivazione. Il territorio di confine con il Gran Ducato, che si estende dai comuni di Castiglione del Lago, Passignano sul Trasimeno, Tuoro sul Trasimeno, Città della Pieve, Fabro, Ficulle, Monteleone di Orvieto e Montegabbione è stato da sempre oggetto di contaminazioni, scambi di semi e commercio, finalizzati al miglioramento produttivo ed economico. Dalle testimonianze raccolte, si può sintetizzare che la coltivazione dell’aglione in Umbria, sia a livello domestico sia produttivo, è presente da almeno 5 decenni; a livello territoriale però non ha mai avuto una distribuzione diffusa, per l’elevato costo del materiale di propagazione e per le poco conosciute tradizioni culinarie. È sempre stato considerato un generico aglio dalle grandi dimensioni, con l’inconveniente di deperibilità e difficoltà di conservazione rispetto all’aglio comune. Quindi le sue peculiarità, invece di essere interpretate come vantaggio, sono state viste come punti di debolezza, con grandi limiti per la sua diffusione. Invece negli ultimi anni diversi agricoltori in località Trasimeno, molti in regime biologico, hanno ripreso la sua coltura in terreni eterogenei, ricchi e sciolti, facendolo diventare un prodotto di nicchia e una varietà da conservare, con l’iscrizione nel Repertorio Regionale Umbro di 3A Parco Tecnologico Agroalimentare dell’Umbria. L’aglione non va fatto soffriggere ma deve cuocere molto lentamente sino a sciogliersi, creando una crema. Quindi si aggiunge del pomodoro per ottenere un sugo, con il quale si condisce una pasta senza uovo, in Toscana chiamata pici e in Umbria strangozzi (o umbricelli). Inoltre, è proprio il caso di dire che l’aglione è come il maiale, del quale non sprechiamo niente. Infatti dopo la semina (che avviene da ottobre-novembre fino a metà maggio) produce il tallo, che si può considerare l’elemento di scarto perché, essendo la testa dell’aglione la parte più importante, i coltivatori lo eliminano per consentire alla pianta di riservare tutte le energie alla crescita della testa. I talli presentano, in questo periodo, la loro massima capacità balsamica: il prodotto che ne deriva ha delle proprietà incredibili non soltanto per il gusto, ma anche per il benessere. Evidenze scientifiche ci confermano la loro alta capacità antiossidante, antitumorale e antinfiammatoria, oltre a un’alta digeribilità.Sono ottimi in frittate, risotti e sughi vari. Ricordo che l’aglione è privo di alliina, l’amminoacido che l’enzima alliinase degrada producendo allicina, il composto solforganico che molti non tollerano perché causa cattiva digestione e alito cattivo. Per questo motivo viene chiamato simpaticamente l’aglio degli innamorati.

 

 

www.accademiaerbecampagnole.eu

POST TAGS:

Presidente Accademia Piante Spontanee