fbpx

RIVISTA IN PDF    |    INSERTI

Home / Società  / Oca arrosto a Ferragosto

Oca arrosto a Ferragosto

Ricette che sopravvivono nel tempo

Oca arrosto a ferragosto nel perugino, ma anche in gran parte dell’Umbria, che festeggia con questo volatile la tavola della piena estate. Arrostito e profumato con aromi dell’orto, cotto in porchetta con le sue rigaglie o farcito con un gustoso polpettone, il pennuto viene anche trasformato in sugo d’oca, come accompagnamento a tagliatelle di sfoglia tirata a mano, ruvida e alta quanto basta a raccogliere e fermare il prezioso intingolo. Ricette che sopravvivono nella tenacia delle tradizioni culinarie e sociali attraverso gli usi locali e familiari delle festività o delle pratiche stagionali: l’inverno è del maiale, la primavera dell’agnello, l’estate dell’oca, con le rispettive interiora da utilizzare oggi in nome di una moderna serendipità.
La cottura dell’oca ha rituali molto antichi da rispettare che attraversano anche il continente europeo. In molti Paesi del nord Europa si mangia arrosto per San Martino, tradizione collegata alla leggenda che narra che il santo si nascose non appena seppe della sua elezione a vescovo di Tours, non volendo abbandonare la vita dedicata ai poveri. Le oche però lo individuarono starnazzando allegramente, consegnandolo così ai festeggiamenti della città. Ma consumare carne d’oca ai primi di novembre derivava certamente dal fatto che in questo periodo le oche selvatiche migravano verso sud e quindi era più facile cacciarle.
In Svizzera l’arrosto d’oca viene profumato con mele renette, mentre in Francia è nota l’abilità con cui i rosticcieri dei quartieri parigini di Saint-Séverin e Saint Merri preparavano l’animale: lo arrostivano e lo tagliavano in pezzi conservandone gli scarti con cui preparavano un piatto detto petite oie (ochetta) che si gustava nell’attesa del piatto principale.
Konrad Lorenz, etologo austriaco, padre della ricerca comparata sul comportamento, fece dell’oca l’oggetto dei suoi studi: «Presso le oche selvatiche il giovane fidanzato suole seguire letteralmente ogni passo della sua promessa. Martina però si muoveva con gran disinvoltura per tutte le stanze della nostra casa, senza preoccuparsi del fidanzato che, cresciuto in libertà, era costretto ad avventurarsi in regioni a lui ignote. Se si pensa alla ripugnanza che hanno le oche selvatiche, uccelli che amano gli spazi aperti, a spingersi anche solo fra i cespugli o sotto gli alberi, Martino ci apparirà come un piccolo eroe: col collo teso seguì un giorno la sua amata attraverso la porta principale fin nell’ingresso, e poi su per le scale, fino in camera da letto». (Konrad Lorenz, L’anello di Re Salomone.)

Antropologa, Scrittrice, Giornalista, Critico Enogastronomico, Blogger