Polenta polentae, come rosa rosae è una parola latina che sgombra subito il campo da un equivoco: la cosa è antica, precedente alla scoperta dell’America e del mais. Era il termine con il quale i Romani chiamavano uno dei cibi preferiti dei Greci: orzo macinato e bollito insieme ad altri semi (lino o miglio) per ricavarne una sorta di zuppa o farinata, del resto affine, anche nel nome, alla puls di farro che nutrì i Romani all’inizio della loro storia.
Nell’italiano più antico, troviamo ancora il termine polenta a indicare un preparato a base di orzo o altri cereali inferiori, soprattutto il miglio. E non a caso proprio al miglio si farà riferimento in certe parlate quando verrà introdotto il mais, denominandolo miglio rosso o miglio di Spagna. Così, piano piano, il nuovo cereale scaccerà tutti gli altri ingredienti tradizionali delle polente antiche, che erano spesso integrati da legumi, castagne e altri vegetali.
Inizia così la storia della polenta come oggi la conosciamo e che tanto ha sfamato le popolazioni più povere delle nostre campagne, specialmente delle regioni settentrionali, quanto le ha afflitte con la piaga della pellagra, una malattia dovuta all’ignoranza. Infatti, quando i conquistatori delle Americhe importarono la nuova pianta che da millenni nutriva gli indigeni, trascurarono di importare anche il processo che quelle civiltà avevano elaborato, cioè il trattamento in acqua e calce (o cenere) dei grani di mais prima di avviarli al consumo. Solo in tale modo si rende disponibile all’assimilazione la vitamina PP (niacina), indispensabile per l’essere umano il quale, se si nutre prevalentemente di mais non trattato, si ammala (e infine muore) di pellagra.
Ancora cento anni fa si discuteva se la causa della pellagra fosse un patogeno nel mais avariato o scadente, mentre la realtà stava mostrando che bastava migliorare il regime alimentare per evitare la terribile malattia, anche solo tornando ai cereali tradizionali usati in precedenza, che dispensavano la basilare vitamina senza particolari trattamenti. La realtà delle cose insomma indirizzava la ricerca scientifica, che alla fine scoprì il segreto che aveva tenuto per millenni i popoli del mais lontani dalla pellagra.
Fortunatamente oggi questa piaga, che ancora nel primo dopoguerra era considerata una vergogna d’Italia, è un ricordo lontano, ignorato dai più.
Abbiamo scelto questo tratto della storia, lontanissimo dal fascino che oggi la polenta esercita sul nostro immaginario gastronomico, per segnalare che le nuove e vecchie povertà che affliggono il pianeta si potranno senz’altro vincere con la forza dell’innovazione. Ricordando però che ogni innovazione senza storia può diventare pericolosa, specie se guidata dall’economia e rincorsa dalla scienza.