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Scampi, gusto raffinato

Scampi e scampare hanno la stessa origine?

Il presente numero è dedicato agli scampi, deliziosi crostacei muniti di chele (a differenza dei gamberi) simili all’astice, che vivono sui fondali dell’Atlantico come del Mediterraneo. La ricchezza e pregevolezza delle carni ne fanno anche un prodotto d’esportazione, diffuso sia nella cucina occidentale sia in quella orientale e protagonista nella preparazione di una miriade di piatti gustosi. Come sempre, troverete nome scientifico, proprietà nutrizionali, spunti letterari, ricette e riflessioni di ogni genere.
Io vorrei soffermarmi insieme a voi su due aspetti che rientrano nel novero delle curiosità e vale a dire l’origine del nome scampo e della famosa ricetta triestina degli scampi alla busara. Scommetto che anche voi infatti, proprio come me, vi siete chiesti se lo scampo-crostaceo condivida la medesima origine etimologica dell’espressione non avere via di scampo. Partiamo dunque dall’analisi etimologica: scampo-crostaceo e scampo-salvezza non hanno la stessa origine. Infatti, lo scampo marino deriva il suo nome dal greco kàmpe=bruco o kàmpios=curvo, flessuoso o, ancora, da kàmpos=mostro marino; il verbo scampare, invece, ha il significato di allontanarsi dal campo di battaglia per mettersi in salvo. È dunque un composto di campo, con il prefisso s- che indica un’azione contraria.
Per quanto riguarda il celebre piatto degli scampi alla busara, benché ormai sia parte integrante della tradizione culinaria di Trieste, la ricetta trae le sue origini dalla terra d’Istria. Lì infatti gli scampi del golfo del Quarnaro erano celebri e apprezzati, tanto da far dire al gastronomo ottocentesco Antonio Papadopoli quanto segue: «Un giorno un forestiero disse: benedetto Fiume, le sue donne, i suoi scampi! Io invece, secondo il mio gusto, esclamerei: benedetto Fiume per i suoi scampi prima, e per le sue donne dopo!».
Ma veniamo a busara, la cui origine è piuttosto incerta: se nel dizionario triestino del dialettologo Ernesto Kosovitz il termine buzara sta a significare pappolata e pastocchiata – un intruglio, una mescolanza – altri studiosi lo fanno derivare dal nome della grossa pentola in ferro o in coccio che veniva utilizzata per preparare questa ricetta a bordo delle barche. L’origine più suggestiva però è quella che lo fa derivare dal termine busiara=bugiarda, ossia una zuppa che in passato i marinai facevano con gli scarti di pesci e crostacei al posto degli scampi, insaporendola con sugo di pomodoro e vino rosso.
Comunque sia, gli scampi sono così diffusi e apprezzati lungo tutta la mappa gastronomica del nostro Paese, tanto che in ogni zona dello Stivale si sono guadagnati un nome dialettale proprio e alternativo: ecco quindi che troviamo lo scampolo in Friuli Venezia Giulia e in Toscana, lo scampo, arganello o astracio nelle Marche, rancio o rancio di fondo in Abruzzo, ranfele funnale o alifante in Campania, astracio in Puglia e lempitu di fangu in Sicilia. Certa di avervi fatto venire appetito anche questa volta, vi saluto augurandovi buona lettura.

Direttore Responsabile