La Bresaola della Valtellina IGP e il Consorzio di Tutela
E il Consorzio di Tutela
È dal 1996 che il marchio IGP campeggia sulla Bresaola della Valtellina, raffinato frutto dei produttori certificati della provincia di Sondrio che si attengono a un rigido Disciplinare di Produzione. Ed è dal 1998 che il Consorzio di Tutela Bresaola della Valtellina promuove e valorizza tale salume da imitazioni e contraffazioni, mantenendone elevate le caratteristiche chimiche, fisiche, organolettiche, nutrizionali e gli standard igienico-sanitari. I controlli iniziano fin dalla scelta della carne: vengono infatti selezionati i tagli più pregiati e teneri, tratti da bovini preferibilmente allevati al pascolo e nutriti con alimenti selezionati, di età compresa tra i 18 mesi e i 4 anni. Tagli senza nervature, magri, e con un gusto, una consistenza e un colore peculiari, tratti dalle migliori razze bovine provenienti dal Nuovo e dal Vecchio Continente, tutte allevate in maniera tale da rispettare i rigidi parametri imposti dal Disciplinare. Il ricorso all’importazione è dettato dal fatto che in Italia non c’è una disponibilità di bovini capace di soddisfare le esigenze quantitative e qualitative della Bresaola della Valtellina IGP.
Sono cinque i tagli muscolari utilizzabili, tutti provenienti dalla coscia. Il più pregiato è senza dubbio la punta d’anca, che corrisponde alla parte della fesa privata del muscolo adduttore. Seguono poi la fesa vera e propria, che comprende il muscolo retto interno, il muscolo adduttore e il muscolo semimembranoso, e la sottofesa, che corrisponde al muscolo lungo vasto. A completare la rosa intervengono anche il magatello, cioè il muscolo semitendinoso, e il sottosso, ossia il muscolo retto anteriore e il muscolo vasto esterno, interno e intermedio. Non si fanno eccezioni: la materia prima troppo marezzata o con una colorazione anomala viene scartata. Una volta operata la selezione si procede con la rifilatura, cioè l’asportazione del grasso e delle parti tendinose esterne, che deve essere svolta con perizia, senza incidere la polpa; dopodiché la carne viene cosparsa con una moderata quantità di sale e aromi naturali. Possono essere aggiunti anche vino, spezie, zuccheri (con lo scopo di favorire i fenomeni microbici responsabili della stagionatura del prodotto), e quantità limitate di nitriti e nitrati di sodio e/o potassio, acido ascorbico e il suo sale sodico: è proprio durante la salagione, che viene effettuata a secco, che ogni produttore dona al prodotto la propria personalità, mescolando e dosando gli aromi secondo ricette custodite gelosamente di generazione in generazione. Questa fase, non inferiore ai 10 giorni, prevede periodiche zangolature, ovvero dei massaggi che possano favorire la migrazione del sale e degli aromi all’interno della polpa. In seguito la carne viene insaccata in un budello naturale o artificiale e fatta asciugare in apposite celle; questa fase dura in media una settimana e comporta, specie nei primi giorni di trattamento, una significativa disidratazione del prodotto, che così sarà pronto per la stagionatura. Quest’ultimo processo, condotto in locali ventilati con una temperatura media tra i 12 e 18 gradi, dura fino a otto settimane. Il Disciplinare vieta l’adozione di tecniche che prevedano una disidratazione accelerata, ma è per contro consentito l’utilizzo di quella ventilazione e quell’umidità naturali tipiche del clima della zona di produzione, la provincia di Sondrio. Affinché il prodotto possa essere commercializzato con il marchio IGP affiancato da quello dell’Unione Europea, è necessario che superi due livelli di controlli, pena la declassazione. Il primo è a opera del produttore, il secondo di un ente certificatore incaricato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali: il tutto per garantire un prodotto di qualità e per tutelare il consumatore, cosicché possa godersi un prodotto dal gusto e dalla storia straordinari.