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Disservizio: crisi o opportunità?

Come trasformare una pecca in un'opportunità?

Cottura sbagliata, servizio flemmatico, cibo freddo, scambi di portate, conto con uno zero di troppo: a tutti, almeno da clienti, è capitato di aver ricevuto un servizio inadeguato. Non tutti esprimono il proprio dissenso, qualcuno lo fa in modo pacato, qualcun altro meno.
Ad ogni modo, il disservizio è una realtà che i ristoratori e, di riflesso, il personale di sala devono considerare come variabile strategica. Da cosa nasce il disservizio? Dalla delusione delle aspettative del cliente, dal non soddisfacimento di un bisogno, più o meno espresso. Cosa si può ottenere dal ripristino (o auspicabilmente da un superamento) di quelle aspettative? Fidelizzazione, soddisfazione, miglioramento dell’offerta, potenziamento dell’immagine del ristorante. È in quest’ottica che il disservizio rappresenta una grande opportunità per il ristoratore: secondo un noto paradosso, infatti, coloro che riscontrano delle problematiche, se queste vengono prontamente risolte in modo elegante ed efficace, tendono a raggiungere un maggior livello di soddisfazione nei confronti dell’azienda.
A livello di politica aziendale bisognerebbe porre molta attenzione sulla gestione del disservizio. Spesso ci si preoccupa di arrivare a più clienti e meno di tenersi stretti gli habitué. Offrire una pietanza mal riuscita, ripreparare un piatto anche se non richiesto, donare un coupon per una prossima esperienza sono tutte accortezze che possono fare grande differenza con piccoli sforzi. Un problema risolto in modo cortese e professionale (perché no, anche con un piccolo sacrificio economico da parte dell’azienda) è un forte strumento di fidelizzazione. È fondamentale allora che tutta la brigata di sala venga istruita sui metodi per implementare una politica di service recovery fruttuosa, cioè l’insieme dei processi di rimedio alle problematiche che possono sorgere durante il servizio. Indubbiamente il primo passo è quello di riflettere e analizzare i disservizi più frequenti (o più probabili) e stabilire un protocollo per la loro risoluzione; codificare e diffondere le informazioni sulle procedure a tutto il personale, garantendo sempre un adeguato equilibrio tra linee guida e autonomia della brigata, in modo che ciascuno possa trovare la migliore soluzione a ogni situazione contingente. Quest’ultimo è un elemento chiave: l’autonomia permette al cameriere di affrontare con flessibilità i momenti più delicati e confezionare una perfetta strategia di intervento. Il cameriere, infatti, è colui che si rapporta per primo con chi è seduto al tavolo e, qualunque sia il problema, è colui che lo deve risolvere. Anche in quest’ambito, risulta cruciale essere empatici: se mettersi nei panni del cliente dovrebbe essere il credo di ogni uomo e donna di sala, più che mai si deve essere empatici nel momento in cui si verifica un disservizio. Capire lo stato d’animo del cliente significa comprendere la sua insoddisfazione e le sue aspettative e di conseguenza avere più strumenti per prendere una decisione che cambi il suo umore. È evidente che le regole sulla gestione del disservizio si applichino in modo più semplice per problemi di entità più lieve ma, a volte, sbagliare è una fortuna: al di là di ogni escamotage, non bisogna mai dimenticare che chiedere scusa è sempre il modo più efficace – ed economico – di risolvere un problema.

Responsabile di Sala e Sommelier de "La Trota 1963"