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«Abbi la mente del polpo policromo…»

Il mollusco nei secoli e nella storia

«Abbi la mente del polpo policromo che tale appare / quale lo scoglio sul quale vive». Così scriveva Teognide, vissuto tra il IV e il V sec. a.C. del polipo o piovra che dir si voglia. Segno evidente che già era protagonista nell’immaginario dei nostri antenati! E nello scorrere dei secoli?
Nel mondo greco, del rapporto tra polpo e uomo troviamo testimonianze fin dal XVII secolo a.C., cioè da quando a Creta (allora fiorente centro commerciale, marittimo e artistico, fulcro di importanti relazioni commerciali con Asia, Africa e le isole Cicladi) era di moda abbellire il vasellame di grandi dimensioni con i tentacoli di questo animale. L’idea di decorare con il polpo stoviglie e oggetti vari si diffuse nella cultura minoica, poiché lo ritroviamo nei mosaici dei pavimenti di ville importanti delle città di Pilo e di Tirinto. Probabilmente replicare tale immagine aveva un significato scaramantico, apotropaico: fungeva cioè da vero e proprio amuleto portafortuna.
Si è anche andati oltre: visto che il polpo riesce a rigenerare i propri tentacoli, nella cultura micenea probabilmente veniva associato alla garanzia di accesso alla nuova vita dell’oltretomba, una sorta di rinascita. Tutto ciò si è dedotto dal fatto che nelle più importanti tombe della città di Micene gli archeologi hanno rinvenuto delle placche d’oro con la sua raffigurazione.
Ancora un passo avanti: si ritiene che presso gli antichi Greci il polpo non soltanto fosse considerato un cibo afrodisiaco, ma – una volta ingerito – potesse coadiuvare la fertilità maschile. Ci riferiamo al paragone che fa Ateneo di Naucrati, scrittore egizio di lingua greca del II sec. d.C., nella sua opera Dipnosofisti (in italiano anche traslitterato in Sapienti a banchetto). L’autore riporta i discorsi tenuti in tal simposio nel quale – tra l’altro – si commisera un uomo dallo scarso vigore sessuale, affermando che: «[…] a lui neanche il polpo è capace di dare aiuto […]».
Nella letteratura greca troviamo spesso il polpo associato alla sfera della divinità Mētis (o Metide, era nella mitologia greca una delle Oceanine, figlia del titano Oceano e della titanide Teti). Il suo nome significa prudenza, saggezza, ma anche consiglio, piano, disegno. Forse proprio per questo il nostro simpatico animaletto marino è definito come polýplokos, parola che significa complicato, scaltro, aggettivo spesso usato come attributo del cervello e dell’intelligenza. Quanto affermato in queste ultime righe torna intuitivamente pensando alle capacità mimetiche del polpo e quindi alla sua forte adattabilità, caratteristica che sfrutta con intelligenza per sfuggire ai pericoli o per aggredire le sue prede predilette. Comportarsi come un polpo, nell’adattarsi alle situazioni che si presentano di volta in volta, è un concetto già preso in considerazione non solo (come abbiamo visto) da Teognide, ma pure da Erasmo da Rotterdam, a metà del ’500.
Quindi, per il nostro polpo, una fama trasversale e senza tempo è arrivata in quasi tutte le culture, anche ai giorni nostri. Ad esempio, soprattutto nel mondo anglosassone, oggi si associa la capacità di mimetizzarsi e sfruttare a proprio vantaggio i nascondigli o superare in astuzia i propri bersagli, all’essere polýplokos. Il riferimento agli Yes Men, (coloro che dicono sempre di sì per sgattaiolare nelle situazioni difficili o avvantaggiarsi rispetto ad altri, proprio come farebbe il polpo), è immediato. Costoro devono essere capaci di adattarsi alle situazioni più sconcertanti, assumendo tanti volti quante sono le categorie sociali che li circondano, mimetizzandosi proprio come farebbe un polpo policromo su uno scoglio!