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Ricarico sul vino: da cosa dipende?

Qual è il ricarico più giusto?

Il prezzo del vino al ristorante è ormai diventato oggetto di dibattito e spesso di critica da parte degli utenti. L’esplosione di siti, app ed enoteche online ha fatto sì che il vino stia vivendo un periodo di forte democratizzazione, e la confrontabilità immediata con i prezzi su internet sta generando una competizione al ribasso sia delle distribuzioni online sia, per forza di cose, di quelle al dettaglio. Il discorso si amplia fino alla ristorazione, spesso dimenticando che il modello di business tra un esercizio di ristorazione e un’enoteca online è completamente diverso. I manuali di gestione ristorativa e gli studi di settore consigliano un ricarico che va dalle 2 alle 2,5 volte nel caso di vini ordinari e che scende nel caso di bottiglie più costose. È ovvio, però – o almeno dovrebbe esserlo – che esistono altri fattori che possono influenzare il prezzo di un vino in carta, spesso anche in modo determinante.
La variabile più importante tra quelle considerate in queste righe è senz’altro la rarità della bottiglia. Oggi, più che mai, il vino è diventato oggetto di collezione e, si sa, le cose più rare sono quelle che fanno più gola al mercato del collezionismo. Il problema di fondo di alcune etichette ormai leggendarie è che i ristoratori possono ambire a un numero di bottiglie all’anno che si contano sulle dita di una mano e, inoltre, il diritto a richiederle è subordinato all’acquisto di ingenti quantità di altri vini, con i quali i distributori si garantiscono margini e volumi. Pertanto, il prezzo di queste bottiglie dovrà tener conto di tutto il capitale investito, spesso in vini minori, necessario ad accaparrarsene qualche cassa.
Qual è la maggior discriminante quando un appassionato sceglie tra due vini dello stesso produttore? L’annata, ovviamente. Ahimè, ancora in troppe carte dei vini, non se ne vede traccia di indicazione, ma si tratta di una informazione imprescindibile per una carta dei vini che possa ambire a definirsi tale. È possibile dunque trovare lo stesso vino a prezzi decisamente diversi proprio in virtù della bontà dell’annata.
E poi c’è un’altra questione: l’ampiezza della carta dei vini. Qualsiasi magazzino oggi ha un costo elevato e rappresenta un capitale immobilizzato non trascurabile, con tutti i rischi connessi alla possibilità di invenduto. Non a caso ormai la risposta più frequente quando si chiede un prodotto in un negozio fisico è: «Bisogna ordinarlo». Avere una cantina ricca e profonda costituisce un’offerta di valore che merita un margine maggiore rispetto ai prezzi di riferimento per determinati vini. Del resto, la possibilità di scegliere va pagata.
Da ultimo, ma non per importanza, bisogna considerare il boom del mercato secondario delle bottiglie di vino, che ha raggiunto cifre e volumi notevoli, considerando le numerose aste che spesso contribuiscono a consacrarle alla leggenda. Tuttavia, dei vini comprati sul mercato secondario possono verificarsi le condizioni al momento dell’acquisto ma non quelle di conservazione che, come è noto, nelle bottiglie con qualche anno sulle spalle, è elemento da non sottovalutare. E allora varrà la pena pagare di più per una bottiglia che ha avuto un unico proprietario, conservata nel modo giusto e con i rischi connessi a eventuali difetti a carico del ristoratore, piuttosto che risparmiare sul rischioso visto e piaciuto a cui si è soggetti online. Insomma, prima di prezzare un vino, tenete conto di queste variabili e prima di giudicare un prezzo… pure!

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Responsabile di Sala e Sommelier de "La Trota 1963"