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Il polpo al laser di Apicio: tra Roma e le Indie

Qual è il nesso?

Tra i ricettari antichi, l’unica menzione del polpo la troviamo in Apicio (9.5.1) che liquida la questione così: «In polipo: pipere, liquamine, lasere inferes» [Per il polpo: (condisci con) pepe, liquamen, laser e servi.]
Curiosa è la combinazione di condimenti dal gusto forte, di cui il più noto e ancora in uso è il pepe. Gli altri due meritano un piccolo approfondimento: il liquamen è una delle declinazioni possibili della famosa salsa di pesce fermentato, nota anche col nome di garum, usatissima nella cucina di tutto il Mediterraneo dalla Spagna al Vicino Oriente, dalle coste africane a quelle del Mar Nero. Poteva essere di varia qualità e colore, a seconda della materia prima utilizzata: pesciolini interi e/o interiora e sangue di grossi pesci cosparsi di sale e lasciati per diversi giorni a fermentare sotto il sole. La separazione della parte affiorante e più liquida dalla più solida dava una gamma di prodotti, il più pregiato dei quali era chiamato flos gari (fiore del garum): una vera leccornia per i palati più esigenti.
Nelle ricette di Apicio, un condimento a base di pesce è praticamente immancabile, persino in ricette di insaccati di carne. Veniamo ora al laser: si tratta della resina estratta dalla radice del silfio, una pianta che cresceva esclusivamente sulle coste prossime alla città di Cirene in Libia.
In età romana, tanto era richiesto il laser che la continua e non regolata raccolta del silfio ne provocò l’estinzione. Plinio ci dice che l’ultima pianta venne regalata all’imperatore Nerone e si dovette ripiegare su una sostanza analoga, anche se non identica all’originale, ricavabile da una pianta simile al silfio: l’asafoetida o assa fetida. Il nome, diremmo, non promette nulla di buono e infatti la presenza di zolfo rende il prodotto particolarmente maleodorante, almeno prima della cottura.
Il laser originario, come il succedaneo da assa fetida, avevano notevoli proprietà medicinali riconosciute da sempre. Questa particolarità, al di là del gusto o del disgusto soggettivo, probabilmente spiega la grande affezione della cucina antica per una sostanza benefica, del resto ancora considerata tale e utilizzata ad esempio in India.
Del resto, l’estremo Oriente continua a coltivare ancora la passione per le salse fermentate di pesce, molto usate nella cucina cinese o del Sudest asiatico, esattamente come lo era il garum (o liquamen) dalle nostre parti almeno fino all’Alto Medioevo.
In conclusione, se volessimo oggi riprodurre un polpo alla maniera di Apicio, cioè come ricchi romani di età imperiale, dovremmo spostarci tra India e Vietnam per trovare gli ingredienti più simili a quelli di allora. Potremmo portare da casa solo il pepe, ma sarebbe un controsenso, visto che anch’esso viene dalle Indie.

Docente del Corso di Laurea Ecocal dell'Università degli Studi di Perugia