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Castagna, la ghianda di Zeus

Cibo della felicità e ricettacolo di ricordi

Siamo arrivati all’autunno, i colori dei nostri boschi mutano trasmettendoci sensazioni nuove ed emozioni, ma soprattutto si preparano a regalarci uno dei prodotti più tipici e apprezzati di questa stagione: la castagna. Quanti ricordi mi legano alla castagna… intanto il primo anno di scuola quando, per mesi sotto lo sguardo vigile della maestra, abbiamo scritto ripetutamente e con tremante calligrafia «in autunno ci sono tanti frutti: mele, pere, noci e castagne» e poi le passeggiate mano nella mano con mio nonno che, con l’altra, teneva un cartoccio di castagne arrostite dal quale io attingevo, testandone prima con le mani il calore e poi gustandone il dolce e morbido sapore. Altri ricordi sono legati alla mia mamma: mi portò, bambina, in un elegante bar per farmi assaggiare il mio primo marron glacé, che mi inebriò il palato e divenne da allora uno dei miei dolci preferiti. Rammento anche come facesse concludere le sue importanti cene autunnali con il golosissimo Montblanc. Un ricordo più recente è invece legato a una vacanza da sogno e al ristoro dalla cocente calura estiva siciliana offerto dal secolare Castagno dei Cento Cavalli che, con la sua folta chioma, riusciva a dare riparo a cento cavalieri e ai loro destrieri.
Non credo vi siano altri frutti che stimolino in me tante emozioni e ricordi e sono sicura che anche per voi è lo stesso. Non è certo un caso che nel primo fine settimana di ottobre, nella suggestiva cornice del borgo medioevale di Castell’Arquato, in provincia di Piacenza, da più di 30 anni si svolga la tradizionale Festa delle castagne e dei ricordi.
E portano ai ricordi di un tempo passato anche le parole che il poeta spagnolo Federico García Lorca dedica alla castagna, nella sua celebre ode dedicata ai frutti: «Le castagne sono la pace / del focolare. Cose d’altri tempi. / Crepitare di vecchi legni, / pellegrini smarriti». L’albero del castagno e i suoi dolci frutti sono infatti legati moltissimo al mondo contadino, tanto che per Giovanni Pascoli il primo era «l’italico albero del pane» perché era in grado, insieme alle patate, di risolvere il problema della fame nei periodi particolarmente difficili. Anche Grazia Deledda così descrive un pasto povero: «si alzò, accese una primitiva candela di ferro nero, e preparò la cena: patate e sempre patate: da due giorni Olì non mangiava altro che patate e qualche castagna».
Nella cultura contadina il castagno, che tra l’altro è un parente sia del faggio sia della quercia ed è presente praticamente sull’intero territorio italiano, era considerato alla stregua di un buon padre che si prendeva cura dei suoi figli, nutrendoli e proteggendoli con la sua importante mole; pertanto, per assicurare che un figlio crescesse sano, forte e robusto, la culla veniva costruita con legno di castagno. Con il tempo in Italia la coltivazione delle castagne è andata fortemente diminuendo, anche a causa di alcune malattie, e si è passati da un raccolto di inizio secolo che oltrepassava gli 800 milioni di chili agli attuali 35. Pur tuttavia rimane un prodotto nazionale di grandissima qualità, in quanto ben 15 specie sono Dop e Igp. Pertanto quando acquistiamo il cibo della felicità – così chiamato perché ricco di triptofano e dunque in grado di migliorare l’umore – ricordiamoci di acquistare il prodotto italiano.

Direttore Responsabile