fbpx

RIVISTA IN PDF    |    INSERTI

Home / Editoriale  / Pistacchio, il seme del sorriso

Pistacchio, il seme del sorriso

Vitamina E e molto altro

Allora Israele, loro padre, disse loro: “Se così è, fate questo: prendete ne’ vostri sacchi delle cose più squisite di questo paese e portate a quell’uomo un dono: un po’ di balsamo, un po’ di miele, degli aromi e della mirra, de’ pistacchi e delle mandorle”» (Genesi 43,11).
Naturalmente il brano è tratto dalla Bibbia ed è la prima volta che in un testo scritto troviamo il riferimento al pistacchio che, dono prezioso, viene inserito tra le prelibatezze che i figli di Giacobbe dovranno portare dalla terra di Canaan, devastata dalla carestia, in Egitto a Giuseppe, loro fratello, perché questi dia loro il grano. Non ci sorprende assolutamente trovare i pistacchi nella terra di Canaan, è infatti il Medio Oriente che può vantarne le origini, tanto che in Giordania reperti archeologici ne testimoniano la presenza già nel 6760 a.C. e la mitica regina di Saba, che regnava in quella regione, riteneva il pistacchio così prezioso da impiegare tutta la produzione delle sue terre a esclusivo beneficio della famiglia reale e dei suoi dignitari, vietandone al popolo il consumo.
In Italia i pistacchi sono giunti molto tempo dopo. Ne tentò l’importazione Lucio Vitellio, governatore romano in Siria nel 35 d.C. – come ci racconta Plinio il Vecchio – ma la coltivazione vera e propria si ha solo a partire dal IX secolo quando si va affermando il dominio arabo della Sicilia, dove ancora oggi permane – nei termini dialettali frastuca per il frutto e frastucara per la pianta dei pistacchi – il ricordo degli Arabi che introdussero appunto il fristach in quelle terre. Non è dunque un caso che, sulle falde dell’Etna, abbiamo la produzione di uno dei pistacchi più pregiati: il pistacchio di Bronte, Presidio Slow Food, che nel 2009 ha ottenuto dall’Unione Europea il riconoscimento DOP.
Tra le specie di frutta secca il pistacchio è la coltura di maggiore importanza economica, in quanto vanta una notevole capacità di adattarsi alle diverse condizioni climatico-ambientali. Infatti è una delle rare piante che è in grado di crescere in aree semi-aride. Ogni anno si producono nel mondo 1.000.000 di tonnellate di pistacchi e, sebbene essi vengano importati da 90 Paesi, in realtà il 68% della produzione si deve a Stati Uniti e Iran, seguiti poi da Turchia e Cina, mentre Bronte rappresenta con la sua eccellenza appena lo 0,25%. Per qualità e redditività viene dunque chiamato oro verde dell’Etna o smeraldo siciliano. Del resto forse Baldassarre Pisanelli esagerava a proposito delle qualità di questo frutto, quando ne scriveva nel 1583 nel suo fortunatissimo Trattato della natura de’ cibi e del bere («Levano meravigliosamente le opilationi del fegato, purga[!] il petto, e le reni, fortificano lo stomaco, cacciano la nausea, rimediano al morso de’ serpenti»), ma senza dubbio il pistacchio è un alimento che, grazie al contenuto di vitamina E di cui è ricco, riduce lo stress e favorisce il rilassamento del sistema nervoso, tanto da essere denominato in Iran il seme del sorriso.
Vi saluto augurando come sempre buona lettura a tutti voi. Ah! dimenticavo di segnalarvi che ogni anno a febbraio, precisamente il 26, negli Stati Uniti si celebra il Pistachio-Day: quindi, se amate il pistacchio, fate assolutamente in modo di parteciparvi!

Direttore Responsabile